
CNA Fita: valichi e trafori alpini, quanti danni per l’economia italiana
Il traffico attraverso i principali valichi (e trafori) alpini soffre da tempo disfunzioni e carenze che stanno mettendo a dura prova il settore dell’autotrasporto italiano, con pesanti ricadute sull’intero sistema economico nazionale.
Brennero, Frejus, Monte Bianco, San Gottardo, Ventimiglia – punti nevralgici per il nostro trasporto merci – patiscono una precarietà che sta generando conseguenze negative di ampia portata e minando lo sviluppo economico.
Ogni anno, quasi 200 milioni di tonnellate di merci transitano attraverso valichi e trafori alpini, rendendoli arterie vitali per il commercio italiano e internazionale. Tuttavia, frequenti chiusure, limitazioni di transito, lavori di manutenzione e condizioni atmosferiche avverse compromettono la regolarità del traffico, comportando costi aggiuntivi per le imprese di autotrasporto e riducendo la competitività delle aziende italiane sui mercati europei.
Il Brennero, principale valico per il traffico merci con l’Europa centrale, gestisce circa il 30% delle merci complessive che attraversano valichi e trafori alpini italiani. Tuttavia, questa arteria strategica rischia di essere sottoutilizzata: se fosse operativa 24 ore su 24, potrebbe sfruttare al massimo il suo potenziale, ma attualmente il suo utilizzo è limitato, raggiungendo solo il 50% della capacità teorica. Le restrizioni notturne fanno perdere circa il 32% del potenziale utilizzo, i divieti nel fine settimana il 16%, divieti specifici e sistema del dosaggio un altro 2%.
A queste criticità si aggiunge, dal 1° gennaio scorso, il problema del ponte Lueg in Tirolo, soggetto a manutenzione urgente. Per oltre metà dell’anno, il ponte sarà percorribile su una sola corsia per senso di marcia, aggravando i tempi di transito e favorendo congestioni lungo le rotte di transito più trafficate.
Anche il Traforo del Monte Bianco continuerà a subire chiusure temporanee, per lavori di risanamento della volta, fino al 12 dicembre. Queste interruzioni interrompono il flusso di merci, aumentando i costi e creando incertezza tra gli operatori.
L’unica buona notizia riguarda il Traforo del Fréjus: dopo quattordici anni di lavori, collaudi, sfide logistiche e politiche, dal 28 luglio è stata finalmente inaugurata la seconda canna, aprendo nuove prospettive per le attività di trasporto.
Tuttavia, le imprese di autotrasporto e l’intera economia italiana non possono continuare a dipendere da infrastrutture così instabili e soggette a rallentamenti e interruzioni di continuo. La mancanza di collegamenti affidabili e le limitazioni operative rappresentano ostacoli significativi alla competitività del sistema economico, oltre a comportare costi elevati per le aziende e ritardi che compromettono l’efficienza del commercio.
Sono necessarie soluzioni concrete e tempestive. È fondamentale un impegno condiviso tra istituzioni, enti e operatori del settore per ridurre i danni economici, migliorare l’affidabilità (e la sicurezza) delle infrastrutture e garantire un futuro più stabile e competitivo per le imprese di autotrasporto italiane e per l’intera economia del nostro Paese.
Solo attraverso una strategia coordinata e un investimento mirato sarà possibile valorizzare appieno il ruolo strategico delle vie di transito alpino e assicurare la crescita del sistema logistico italiano, centrale per il benessere e la crescita del Paese.